lunedì 13 ottobre 2008

IN SOLITARIA SENZA SOLITUDINE

in solitaria


Quest'estate, per quell'accavallarsi di destini paralleli ed incrociati che è l'evolversi della vita, mi sono ritrovato da solo per alcuni giorni all'Alpe. Camminare in montagna è una esperienza ed una emozione individuale che, ormai da moltissimi anni, vivo in compagnia. Passarsi una borraccia, scambiare uno sguardo, qualche parola, da significato alla tua esistenza di animale sociale. Ora, senza nessun altro che me stesso, che fare ?
Il desiderio irrefrenabile di salire sui monti mi impediva qualunque pensiero di fannulloneria casalinga. Così ho preparato lo zaino e sono partito di buon mattino, naufrago solitario, disperso in un mare di montagne. Data l'ora non si vedeva anima viva a perdita d'occhio. Ho fatto pochi passi e mi sono fermato, schiacciato dal peso del dilemma perfetto: tornare indietro era inconcepibile, andare avanti anche. Se in un qualche recesso impervio mi rompessi una gamba, non mi è mai successo quindi potrebbe essere la volta buona, cosa accadrebbe in una zona non coperta dalle reti cellulari ? Mentre mi dibattevo tormentato da opposti pensieri, le mie gambe hanno cominciato lentamente a muoversi portandomi in un luogo in cui non ero mai stato; una piccola valle proprio dietro i Denti di Terrarossa. Un posto veramente magnifico: nei morbidi prati trapuntati da fiori di tutti i colori volteggiavano variopinte farfalle e bruni insetti dalle ali vetrose. Deliziose collinette ora erbose, ora boscose delimitavano quel paesaggio dove tutto era silenzio, tutto era incanto. Quell'Eden era tutto per me, mi salutava e mi accoglieva, ed io per lui. La montagna è una allegoria, una porta che l'anima può aprire, quando sia pronta a farlo, per entrare in un mondo intimo, dove si diventa un tutt'uno con la Natura, dove non occorre parlare perchè parole e cose già coincidono. Ho ripreso quidi la retta via dirigendomi verso la Forcella dei Denti di Terrarossa. Lungo il sentiero, in mezzo ai prati, ho scorto un branco di cavalli intento a pascolare. Passando, ho accarezzato lievemente la lunga criniera bionda di uno di loro. Questi, come ubbidendo ad un invisibile comando, ha iniziato a seguirmi. Era un segno: ora avevo compagnia. Un equo compenso per la mia "saggia" decisione (nulla è più equo di un cavallo !). L'animale si è fermato là dove cominciavano i ripidi pendii della Forcella: ora dovevo proseguire da solo con la moltitudine dei miei pensieri. Ho continuato a salire, arrampicandomi fino al plateau dello Sciliar dove ho fatto la prima sosta. Ho tirato fuori pane e formaggio e ho iniziato a mangiare, contemplando lo straordinario spettacolo che avevo davanti agli occhi. Da un lato si vedeva il tranquillo mare verde smeraldo dei pascoli dell'Alpe, dall'altro si estendeva aspra e selvaggia la Val Ciamin, fino a pochi anni fa scarsamente frequentata. Lassù regnava una estatica quiete silente, Stille, la si avvertiva aleggiare, leggera nell'aria. Ma vi era anche un altro silenzio: quello profondo del tacere, Schweigen, quando nessuna parola risuona adeguata a descrivere la realtà delle situazioni, il fluire degli eventi.
Nel frattempo rapide e nere nubi si stavano addensando nel cielo. Queste ultime non promettevano nulla di buono, anzi sembravano garantire l'imminenza di un formidabile acquazzone. Così sono ritornato sui miei passi puntando diritto verso il rifugio Alpe di Tires. Nemmeno mezz'ora dopo il mio arrivo sotto il tetto della Tierser Alpl Hütte la Natura dava un saggio della sua forza scatenando una autentica tempesta, accompagnata da una pioggia torrenziale. Di lì a poco, il potente rovescio calava vistosamente la sua intensità. Approfittando di un momento di tregua ho abbandonato il rifugio e mi sono diretto verso valle. Dello stesso avviso era anche una coppia di famigliole con allegri bambini; insieme abbiamo quindi iniziato la discesa. Arrivati ai piedi della Forcella, senza incidenti, i segni del fortunale erano però evidenti sui nostri pantaloni, infangati fin quasi sotto il ginocchio. Allora ho suggerito ai miei nuovi compagni di avventura di usare la lavatrice dell'Alpe, programma lungamente sperimentato e subito accolto con grande gioia dai loro bambini. Si tratta infatti di correre a perdifiato giù per i prati; la lunga erba tenera e bagnata pensa a pulire ogni cosa. Provare per credere !


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10 commenti:

nonnatuttua ha detto...

Quale bambino - o adulto dal cuore bambino - avrebbe rifiutato un simile consiglio!!!!
Posso sentire le risate.....
Sarò monotona... ma le tue foto sono sempre stupende!
Fausta

Anonimo ha detto...

Cara Fausta, il consiglio oltre che divertente è utile, i pantaloni erano davvero puliti !! Quanto alle foto, ti ringrazio, ma, in effetti, la materia prima mi è di grande aiuto !

ciao

Christomannos ha detto...

Ho provato anch'io ad usare la lavatrice dell'Alpe e devo dire che funziona molto bene.
Grazie per il tuo gradito commento sul mio blog.
ciao e come sempre fai delle foto bellissime.
Mario

Anonimo ha detto...

mi prendo qualche foto. bellissimo post!

Anonimo ha detto...

@Christomannos. L'unica vera controindicazione della lavatrice dell'Alpe è che i custodi dei pascoli e le mucche, non gradiscono troppo che qualcune pesti l'erba non tagliata. Da usare con parsimonia ! Ciao e grazie a te del tuo commento

Anonimo ha detto...

@Princy60. Sempre felice di abbellire il tuo desktop ... questa volta ... quello estivo veramente !!! Ciao, grazie e a presto sui ns Blog

Anonimo ha detto...

La prossima volta che mi capita di salire sull'Alpe voglio provare la lavatrice. Il temporale l'ho provato sulla mia pelle ma la lavatrice ancora no.

Ciao
Luca "Montagne sottosopra"

Anonimo ha detto...

Bello...il tuo lasciarti andare, senza resistenze. Scoprire un posto nuovo. Non la mente a decidere ma gli eventi...ogni tanto si può fare!

un saluto , Flavio

Anonimo ha detto...

@Luca "Montagne sottosopra". Senza'altro meglio la lavatrice del temporale !! Per la prossima volta prepara la biancheria ...

ciao, grazie e a presto sui ns Blog

Anonimo ha detto...

Ciao frivoloamilano, benvenuto. La vita è come la montagna, una allegoria. Lasciar andare i piedi, o il cuore se preferisci, significa che esistono ragioni che non si comprendono con la ragione. Io lo chiamo il wanderung, termine preso a prestito dal romanticismo tedesco. Però, nascosta da qualche parte, in agguato, abbiamo sempre la razionalità, che significa anche prudenza. Infatti quando cambia il tempo in montagna è bene correre ai ripari, o meglio, se possibile, ai Rifugi.

ciao e grazie del tuo commento